Still Lifes - 1994
Galleria Jannone - Milano
Le Cadre Gallery - Hong Kong
Francesco Poli
Con la sua pittura Nathalie Du Pasquier sta costruendo, con calma e meditata
tensione, uno spazio esistenziale di libertà e autonomia poetica individuale,
una linea di resistenza silenziosa e tenace nei confronti di un mondo estemo
ormai troppo condizionato dalla spettacolarità multimediale, dal fascino
effimero e superficiale delle immagini, dalle nevrotiche cadenze temporali della
moda e delle ansie di successo. La sua scelta operativa ha un carattere intimistico
ma non rinunciatario: nasce dall'esigenza di ritrovare il senso profondo del
rapporto con la realtà quotidiana, dal desiderio di far rinascere l'incanto
estetico delle semplici cose che ci circondano.
E' così che la sua ricerca
si è sviluppata, nella tranquilla solitudine dell'atelier, soprattutto
riprendendo la sperimentata e mai esaurita tradizione della natura morta. Quel
genere di natura morta che nasce dalla messa in scena di composizioni semplici
di vasetti, piatti, frutta, brioches, dolci, bottiglie, scatole, fiori e altre
cose modeste, posate su tovaglie o altri fondi di attenuata decoratività.
Nessuna citazione esplicita anche se in lontananza si percepisce naturalmente
l'eco della grande lezione di artisti come Chardin, Rousseau, Morandi, Matisse
e Braque. Ma la qualità specifica dei dipinti di Nathalie deriva dalla
sua capacità di dimenticare questi ingombranti e impegnativi riferimenti
attraverso una singolare freschezza d'esecuzione e di invenzione compositiva,
come se queste nature morte fossero le prime mai dipinte finora. Traspare in
modo evidente l'amore per ciascuno degli elementi scelti, e anche il piacere
del gioco sottile e raffinato della loro combinazione e composizione per quello
che riguarda i rapporti spaziali e gli accordi tonali.
Questo gusto si traduce in una morbida, luminosa e dolce sensualità materica, che da all'immagine
dipinta un senso di fisicità piena ma che allo stesso tempo appare come
sospesa nel riflesso immateriale della percezione di chi guarda. E' una dimensione
sospesa determinata dalla sapiente impaginazione dei piani, dall'articolazione
calibrata, e solo apparentemente ingenua, degli oggetti in relazione allo sfondo:
il tutto in equilibrio obliquo ma allo stesso tempo tranquillizzante. Si avverte
un'energia espressiva che da forza plastica agli oggetti senza però intaccare
la delicatezza di una pittura tutta giocata sulla superficie bidimensionale.
Un accenno al procedimento adottato dall'artista per questi quadri non mi pare
inutile. In una prima fase la tela viene dipinta con campiture larghe e combinazioni
cromatiche più o meno elaborate, in termini non troppo diversi da quelli
di un quadro astratto. Successivamente comincia il lento e studiato lavoro di
collocazione dei vari oggetti su questo sfondo. L'arrivo di un determinato oggetto,
con la sua forma e i suoi colori, può determinare a sua volta un cambiamento
di registro tonale odi delimitazione di una campitura, cosicché la composizione
si sviluppa gradualmente con oscillazioni, ripensamenti, stratificazioni, spostamenti
che solo alla fine, se l'operazione pittorica ha un esito felice, raggiungono
un equilibrio definitivo.
Anche nella lettura del quadro ci si rende conto che
la rappresentazione in superficie, quello che si vede al primo colpo d'occhio,
è il risultato emergente di un complesso processo intemo, per così
dire, alla materia pittorica. Questa sensazione è quella che ci fa percepire
la tensione vitale che fa vibrare la composizione. La solitudine enigmatica
degli oggetti, allora, non può essre definita "natura morta",
infelice termine italiano e anche francese, ma piuttosto (d'accordo con De Chirico)
"vita silente" traducendo in italiano il tedesco "Stilleben"
o l'inglese "still life".