RO-SÉ, A Book as a Bridge
Sternberg-press
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2022
Luca Lo Pinto
ALÉ!!!
Un famoso scienziato tenne una volta una conferenza pubblica su un argomento di astronomia. Parlò di come la Terra orbiti attorno al Sole e di come il Sole, a sua volta, compia un’ampia rivoluzione attorno al centro di un immenso aggregato di stelle noto come la nostra galassia. Al termine della conferenza una piccola anziana signora in fondo alla sala si alzò in piedi e disse: «Quel che lei ci ha raccontato sono tutte frottole. Il mondo, in realtà , è un disco piatto che poggia sul dorso di una gigantesca tartaruga». Lo scienziato si lasciò sfuggire un sorriso di superiorità prima di rispondere: «E su che cosa poggia la tartaruga?». «Lei è molto intelligente, giovanotto, davvero molto», disse la vecchia signora. «Ma ogni tartaruga poggia su un’altra tartaruga!» La storia del sole e della tartaruga ci insegna che esistono sempre vie di fuga dalla realtà sufficientemente verosimili da essere plausibili.
Campo di Marte è un mondo in cui tutto è possibile e dove le leggi del senso, della forma e delle relazioni tra le cose sono soggette a un tourbillon de la vie.
Una mostra concepita come una sinfonia silente dove le opere per un momento non hanno più nomi e, tramite accostamenti inediti, scandiscono note ogni volta differenti, fondendosi tra loro o alterate nel modo di essere presentate.
Nathalie non ama le regole e rifugge la teoria, trovando l’armonia nell’anarchia. Questo spiega la facilità con cui riesce a ripensare il linguaggio dell’â€esposizione†e, di volta in volta, a scompaginare le premesse secondo cui un oggetto può essere “esposto†in un determinato contesto. Le mostre sono infatti opportunità ricorrenti per ripensare e ricombinare le opere in chiavi diverse, per stimolare nuovi significati, sorprendendo lei stessa in primis.
Il progetto espositivo al MACRO – e la successiva iterazione al Musée régional d’art contemporain di Sérignan – rappresenta sicuramente l’esempio più radicale in tal senso. Nathalie ha riunito insieme una moltitudine di opere che raccontano la sua avventura nell’arte immaginandole come elementi di un’unica grande installazione: un Gesamtkunstwerk dove i lavori sono presentati senza didascalie, esortando i visitatori a vederli come parte di un paesaggio polifonico intimo e monumentale. Le singole opere per un momento abbandonano la loro identità specifica per farsi materia prima di una coreografia in cui si prestano ad associazioni continue. Scrollandosi di dosso il peso di noiosi percorsi cronologici o adiacenze tematiche, la mostra è allestita seguendo le suggestioni e le intuizioni dettate dalle regole di un gioco a cui tutti noi siamo invitati a partecipare, allenando il cervello e gli occhi.
Campo di Marte è uno spazio immaginario dove la realtà è guidata dalla fantasia. Un’autobiografia scomposta che racconta un viaggio nella pittura iniziato nel 1986 e che oggi dalla tela si propaga in esperimenti più vicini alle avanguardie degli anni Venti e Trenta che agli stilnovi dei millennials. Camminando dentro questo “campo di Marteâ€, ci si trova immersi in una dimensione altra, dove risulta difficile – se non impossibile – spiegare cos’è l’arte di Nathalie Du Pasquier.
È un esperimento continuo, un processo di scoperta dove opere e oggetti si susseguono gli uni agli altri, con il desiderio di produrre qualcosa di nuovo. Quando faceva la designer, Nathalie disegnava soprattutto tessuti, architetture immaginarie e oggetti vari. Quando ha cominciato a dipingere, i quadri erano delle storie vicine a un’idea classica di pittura, nel senso più nobile del termine. A poco a poco le tele hanno cominciato a popolarsi di oggetti che ci circondano nel quotidiano, come spazzole, bottiglie, frutta, detersivi, posaceneri, libri o sedie. Nature morte dipinte dal vero dopo essere state assemblate su piani, mensole, tavoli. Famiglie di oggetti ordinari, dipinti in modo così puntuale da renderli estranei. Gradualmente questi oggetti quotidiani sono stati rimpiazzati da modelli in legno di forme e colori diversi: boschi geometrici meno astratti di quanto appaiono nella loro veste pittorica. Infine, Nathalie abbandona anche i modelli, per assemblare gli elementi direttamente nella sua testa e riportarli quindi su tela. Come Mondrian per arrivare all’astrazione è partito dai profili degli alberi, anche Nathalie ha fatto un percorso a tappe. Insieme alla volontà di reinventare il modo di dipingere, col passare degli anni è cresciuta la preoccupazione, o meglio, l’attenzione sul come presentare ciò che fa. In tempi non sospetti – quando i professionisti della pittura si concentravano sulle pareti – Nathalie concepiva dispositivi di display, come cabine o stanze che davano vita ad ambienti sacrali volti all’osservazione delle sue creazioni. Cabine che oggi sono diventate opere tout court e stanze che si fanno mostra dentro le mostre.
Un altro strumento con cui Nathalie ama sperimentare, se non il prediletto, è il libro. Nonostante sia la sua passione più grande, la produzione editoriale è uno degli aspetti meno noti della sua ricerca. I libri per Nathalie sono spazi dove esporre, al pari di gallerie o musei, con la differenza che i libri costano meno, sono più democratici e offrono maggiore libertà e indipendenza oltre a essere oggetti bellissimi.
Questa stessa pubblicazione si avvicina più a una mostra che a un catalogo. La documentazione fotografica del progetto nell’architettura del MACRO si presta a essere utilizzata come materiale con cui produrre opere destinate a esistere esclusivamente in queste pagine.
Ciò che avete tra le mani è infatti una meta-mostra su carta, dove il reportage del “viaggio su Marte†si è trasformato in un nuovo viaggio, in cui le immagini di un’esperienza espositiva sono diventate mattoncini per costruire un libro concepito come un grande collage. Un ponte tra parole e immagini, tra forme e segni, da bere tutto di un sorso… come un bicchiere di vin ro-sé!